La mostra costituita da sculture di piccole dimensioni, suggerisce l’idea di improvvise illuminazioni sculturali, intuizioni formali, interpunzioni materiche dello spazio; sorta di improvvisi accadimenti che segnano questo ambito installativo riconfigurandone il senso e riscrivendo la dimensione ambientale.
Anche la definizione etimologica di bagliore sottolinea l’intendimento sotteso all’esposizione.
Louis Delâtre, poeta e traduttore francese dell’ottocento fa derivare il termine bagliore dal tedesco Baidan e quindi il provenzale Badar, da cui consegue l’italiano Badare; questa precisazione appare interessante perché mostra nell’etimo del termine una precisa definizione che attiene all’idea di “cosa che attrae l’attenzione”.
Allo stesso tempo attiene etimologicamente anche all’idea di Sbaglio, ovvero “ciò che manca di attenzione”, ma al tempo stesso suggerisce anche l’idea di una mancanza percettiva dovuta all’eccessivo bagliore.
Questa divagazione etimologica non è peregrina poiché l’idea di esporre piccole sculture necessita di un atto percettivo e attenzionale particolare e pone, tra l’altro anche una riflessione sulla scultura e sull’ambito della sua configurazione dimensionale.
Martin Heidegger parlando dell’arte e lo spazio evidenzia chiaramente una questione fondante, la scultura consistente in materiali diversi, adotta forme molteplici, divenendo una forma del circoscrivere, ovvero un includere ed un escludere rispetto ad un limite.
Così entra in gioco lo spazio occupato dalla figura scolpita, in una presenza che dichiara il volume tra zone vuote e zone piene, declinandola in una dialettica tra presenza materica e spazio circostante.
L’opera quindi assume valore di interpunzione rispetto allo spazio divenendo concrezione materica, e al tempo stesso operazione sia noetica, che concettuale.