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Biennale di Viterbo Arte Contemporanea 7a edizione
Arte ai confini della Bioetica
BAGLIORI artisti a Santa Rosa: Christian Cassar, Maurizio Cesarini, Ettore di Giammarino, Eulisse, Annalisa Guerri, Giancarlo Lepore, Pino Mascia, Sergio Monari, Rocco Natale, Leonardo Nobili, Donato Ovarini, Gian Luca Proietti, Paolo Soro, copyright A.P.A.I., courtesy Gian Luca Proietti
8 ottobre 2022
09:30 – 19:30
Il titolo della mostra di scultura presentata nel Chiostro del Santuario di Santa Rosa, in occasione della Biennale di Viterbo di arte contemporanea, configura già nella sua definizione l’assetto e il senso fondante della conformazione espositiva. La mostra costituita da sculture di piccole dimensioni, suggerisce l’idea di improvvise illuminazioni sculturali, intuizioni formali, interpunzioni materiche dello spazio; sorta di improvvisi accadimenti che segnano questo ambito installativo riconfigurandone il senso e riscrivendo la dimensione ambientale. Anche la definizione etimologica di bagliore sottolinea l’intendimento sotteso all’esposizione. Louis Delâtre, poeta e traduttore francese dell’ottocento fa derivare il termine bagliore dal tedesco Baidan e quindi il provenzale Badar, da cui consegue l’italiano Badare; questa precisazione appare interessante perché mostra nell’etimo del termine una precisa definizione che attiene all’idea di “cosa che attrae l’attenzione”. Allo stesso tempo attiene etimologicamente anche all’idea di Sbaglio, ovvero “ciò che manca di attenzione”, ma al tempo stesso suggerisce anche l’idea di una mancanza percettiva dovuta all’eccessivo bagliore. Questa divagazione etimologica non è peregrina poiché l’idea di esporre piccole sculture necessita di un atto percettivo e attenzionale particolare e pone, tra l’altro anche una riflessione sulla scultura e sull’ambito della sua configurazione dimensionale. Martin Heidegger parlando dell’arte e lo spazio evidenzia chiaramente una questione fondante, la scultura consistente in materiali diversi, adotta forme molteplici, divenendo una forma del circoscrivere, ovvero un includere ed un escludere rispetto ad un limite. Così entra in gioco lo spazio occupato dalla figura scolpita, in una presenza che dichiara il volume tra zone vuote e zone piene, declinandola in una dialettica tra presenza materica e spazio circostante. L’opera quindi assume valore di interpunzione rispetto allo spazio divenendo concrezione materica, e al tempo stesso operazione sia noetica, che concettuale. L’aspetto espositivo che configura la mostra è la dimensione delle opere ed in questo possiamo azzardare una sorta di definizione desunta da alcuni scritti del filosofo Vladimir Jankélévitch che misura il suo pensiero sull’idea dell’ineffabile nella vita quotidiana evidenziando, sul versante della quotidianità il fugace e giornaliero scorrere verso l’incompiuto. Un pensiero del “non so che” e del “quasi niente” che suggerisce elementi impalpabili e sfuggenti rispetto ad una strutturazione di sistemi rigidi e autoreferenziali. Queste sculture difatti concentrano in una epifania di materia non tanto l’assertività del materiale, ma la suggestione dell’evento discreto, seppur compiuto; l’idea che non si fa sistema, ma suggerimento evocativo; il sottinteso poetico che non diviene apodittica enunciazione. Ogni opera declina nella forma e nella materia che la determina, un pensiero, una visione del mondo, una propria intima capacità di declinare il vissuto dell’esperienza, in una precisa conformazione del materiale, non disdegnando a volte una sorta di contaminazione tra elementi diseguali ad accentuare una formatività che non si configuri solo in formalizzazione puramente estetica. A questo punto una disamina dei singoli artisti e delle loro opere chiarisce in senso fondante e interpretativo la struttura e l’articolazione della mostra.
Descrizione

La mostra costituita da sculture di piccole dimensioni, suggerisce l’idea di improvvise illuminazioni sculturali, intuizioni formali, interpunzioni materiche dello spazio; sorta di improvvisi accadimenti che segnano questo ambito installativo riconfigurandone il senso e riscrivendo la dimensione ambientale.
Anche la definizione etimologica di bagliore sottolinea l’intendimento sotteso all’esposizione.
Louis Delâtre, poeta e traduttore francese dell’ottocento fa derivare il termine bagliore dal tedesco Baidan e quindi il provenzale Badar, da cui consegue l’italiano Badare; questa precisazione appare interessante perché mostra nell’etimo del termine una precisa definizione che attiene all’idea di “cosa che attrae l’attenzione”.
Allo stesso tempo attiene etimologicamente anche all’idea di Sbaglio, ovvero “ciò che manca di attenzione”, ma al tempo stesso suggerisce anche l’idea di una mancanza percettiva dovuta all’eccessivo bagliore.
Questa divagazione etimologica non è peregrina poiché l’idea di esporre piccole sculture necessita di un atto percettivo e attenzionale particolare e pone, tra l’altro anche una riflessione sulla scultura e sull’ambito della sua configurazione dimensionale.
Martin Heidegger parlando dell’arte e lo spazio evidenzia chiaramente una questione fondante, la scultura consistente in materiali diversi, adotta forme molteplici, divenendo una forma del circoscrivere, ovvero un includere ed un escludere rispetto ad un limite.
Così entra in gioco lo spazio occupato dalla figura scolpita, in una presenza che dichiara il volume tra zone vuote e zone piene, declinandola in una dialettica tra presenza materica e spazio circostante.
L’opera quindi assume valore di interpunzione rispetto allo spazio divenendo concrezione materica, e al tempo stesso operazione sia noetica, che concettuale.

Santuario di Santa Rosa
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Via Sto arrivando!nta Rosa 33, 01100, Viterbo, Lazio
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