È la prima mostra personale dedicata all’artista da un’istituzione in Israele. Eclettico e originale, il lavoro della Baruch si estende su un arco temporale di oltre 70anni e rappresenta un approccio unico e interdisciplinare al formalismo. Nella metà degli anni '60, Baruch è passata dalla pittura a opere tridimensionali, appropriandosi di elementi della moda, della grafica, del disegno industriale e delle pratiche commerciali, anticipando l’emergere dell’arte installativa e dell’Estetica Relazionale. Artista globale con una pratica partecipativa ante litteram, Baruch ha vissuto e lavorato in Romania, in Israele dove ha avuto la sua prima mostra personale presso lo Studio Micra a Tel Aviv, in Francia e in Italia. Se da un lato le sue opere esprimono la sua posizione di totale autonomia da ogni restrizione stilistica, dall’altro possiedono la capacità di fungere da radar, catturando idee e strumenti, come Internet, che diventeranno molto influenti. Radicata sin dal principio nella contaminazione, la pratica artistica di Marion Baruch ha subìto diverse trasformazioni stilistiche: dalla pittura espressiva all'arte grafica; dalle grandi sculture in metallo alle sue opere performative e vitali: Contenitore-Ambiente (1970) e Abito-Contenitore (1970); dal suo lavoro stratificato Ultramobile, un gruppo di “non-oggetti” disegnati da artisti come Man Ray, Meret Oppenheim, Roberto Matta e Allen Jones, alla serie “Rembrandt” (1978-82). Negli anni '80 la sua ricerca artistica si orienta a un approccio critico ma giocoso verso il mondo dell’arte e il mercato dell’arte, che la porta a convogliare la sua azione artistica attraverso una compagnia chiamata "Name Diffusion", registrata presso la Camera di Commercio. Nei seguenti 15 anni, la “fase parigina” è caratterizzata dalla chiara volontà di utilizzare il medium dell’installazione, l'Internet Art e il linguaggio per affrontare questioni sociali e politiche. Durante questa fase, Name Diffusion si sviluppa e diventa una denominazione collettiva per indicare opere create con il coinvolgimento della comunità dei “sans-papiers” (immigrati illegali) con i quali la Baruch chiaramente si identifica.La fase più recente della pratica della Baruch è caratterizzata dal riuso di scarti tessili dall'industria del prêt-à-porter, con i quali crea un corpus di opere che ribadiscono la sua convinzione che il formalismo non sia mai avulso da problematiche concettuali e autobiografiche, esistenziali e filosofiche. Due esempi sono presentati per la prima volta per questa occasione: Passage Paysage e Cloud Architecture (2021). Bomba (2022), un’opera creata appositamente per questa mostra, apre una nuova fase nel suo lavoro. Essa consiste in un’inedita composizione monocromatica di “lembi” di stoffa, abiti una volta appartenuti all’artista. La presenza di questo nuovo percorso attesta la perseveranza dell’artista nel reinventare il proprio medium, utilizzando un lessico visivo che è tutto suo e al tempo stesso universale.