Presentazione della mostra: Luca Vitone. Io, Villa Adriana
La mostra, una collaborazione tra il MAC - Museo de Arte contemporanea di San Paolo, L’Istituto Italiano di Cultura di San Paulo, L’Ambasciata Italiana in Brasile, il MAXXI e Villa Adriana e Villa d’Este – VILLÆ, presenta negli spazi ideati da Oscar Niemeyer il lavoro di Luca Vitone. Nel corso del suo fecondo percorso artistico l’artista genovese ha sempre fatto della complessa relazione con il luogo l’oggetto della sua ricerca.
Fulcro dei progressivi incontri di Vitone con Villa Adriana, residenza imperiale di Tivoli (Roma) risalente al II secolo d.C., sono le nove tele esposte che danno il titolo alla mostra: collocate dall’artista in diversi luoghi della Villa e lasciate per mesi in balia degli agenti atmosferici a cui è totalmente delegato il compito di produrre l’immagine, le grandi tele registrano sulla propria superficie il contatto con l’ambiente circostante e il passaggio del tempo atmosferico e cronologico, facendosi autoritratti di Villa Adriana. Sulle pareti sono presentate i Capricci, quattro stampe di Villa Adriana concepite da Piranesi, sulle quali l’artista ha inserito a mano delle note, quasi che un suono provenisse dalle rovine. Si affiancano a queste alcuni reperti provenienti da Villa Adriana: tre pannelli con frammenti di intonaci dipinti e una statua raffigurante la divinità egizia Horus nell’aspetto di falco sparviero. Il dio simboleggiava il potere e la funzione divina del sovrano, concetti sintetizzati dalla doppia corona (a tiara dell’Alto Egitto, a modio del Basso Egitto). Chiude la mostra l’opera site-specific Wunderkammer (pensando alla volta celeste) realizzata con le polveri raccolte nell’Osservatorio di Roccabruna, luogo in cui l’imperatore Adriano si recava per portare avanti i suoi studi astronomici. Vitone fa dunque della polvere una pittura, trattandola per ricavarne la materia prima utile alla produzione dell’opera e portandola ad essere una traccia della peculiarità dell’evoluzione storica che ha trasformato Villa Adriana da locus amoenus a sito archeologico.
La mostra diventa così l’occasione per ripercorrere il multiforme inscriversi di Vitone nella tradizione storica della pittura di paesaggio. Il suo continuo scardinamento delle rappresentazioni codificate dei luoghi è sempre volto a ciò che di inafferrabile li caratterizza. È sin dal 2005 che Vitone si affida alla leggerezza degli agenti naturali per lasciare a diversi luoghi significativi il racconto di cartografie concrete e autonome; ed è dal 2000 che utilizza sostanze edibili o polveri per realizzare dei quasi-monocromi in cui il continuo rimando alla complessità culturale dei luoghi si accompagna in alcuni casi alla riflessione sul potere nella società occidentale.