La Galleria Christian Stein accoglie per la prima volta le opere di Jason Martin (1970), artista inglese, noto al pubblico per i suoi dipinti carichi di materia pittorica, realizzati in uno scontro diretto, fisico ed emotivo con la materia. Martin esegue i suoi straordinari lavori con azioni che modificano la superficie del dipinto. Se la sostanza così spessa trasforma questi quadri in sculture, quasi in altorilievi, l’azione compiuta sulla superficie ci introduce nel campo della performance. Ognuna di queste opere è il risultato dell’incontro-scontro tra due dimensioni, una caratterizzata dalla coreografia di gesti e movimenti dell’artista, l’altra dalla natura, densità e colore della materia pittorica. Anche la superficie ha una sua funzione perché condiziona il risultato finale, sia a livello di superficie e di rifrazione della luce sia dello spessore, della consistenza fisica della materia pittorica. Sottoposta alla gravità, questa tende inesorabilmente a muoversi, a cedere, a cadere dall’alto fino al basso, scivolando o resistendo in senso verticale, trascinando e solidificando ampie placche orizzontali. L’interdipendenza tra azione e materia genera un’immagine di tipo non figurativo, che si esprime attraverso un linguaggio informe, in una eloquente stratificazione di gesti preordinati e di casualità, di controllo e spontaneità. Un’immagine che risulta compiuta e allo stesso tempo dinamica, quasi in via di evolversi e trasformarsi. L’operazione è un perfetto e sempre inatteso connubio di elementi concettualmente predisposti e forze psicologicamente liberate, il risultato di azioni e reazioni tra linguaggio e pulsioni.
Il titolo assegnato dall’artista alla mostra, Reminiscence, allude al fatto che l’opera sia intrisa di memoria e di ricordi, che dunque possa anche raccontare qualcosa di avvenuto durante la sua nascita, o addirittura prima. L’opera è quello che vediamo, la superficie sensuale che vorremmo toccare, ma al tempo stesso è anche altro, una stratificazione e un impasto di reminiscenze, più o meno lontane, distanti nel tempo e nello spazio in cui riconosciamo ciò che emerge dal nostro inconscio.