Silvio Gagno aprirà il suo studio sabato 12 ottobre 2024, dalle ore 17 alle 20 (partecipazione su invito), nel quale si potranno ammirare le sue opere, realizzate in un arco temporale che copre cinquant’anni della sua attività.
L’avventura pittorica di Silvio Gagno inizia negli anni settanta con opere che mettono al centro la figura umana, indagata e declinata in forme e situazioni molto diverse.
Negli anni ottanta, la figura si scioglie ed entra preponderante, incontenibile, la forza ctonia della natura che scompagina ogni visione precedente.
È il Silvio Gagno dei “Cieli alti”, delle tele dominate dal colore e dalla luce, da superfici dilatate che rimandano a descrizioni aeree di mondi siderali e insieme di pianure infinite, di acque e di terre sconfinate. Sono gli anni in cui Silvio dipinge nello studio di Lignano, all’ultimo piano di un grande albergo, oasi di vita e di arte, felice coincidenza di colore, natura e sogno. Nascono quadri alimentati di vento e di riflessi, di crepuscoli infuocati e di commoventi silenzi.
Negli anni novanta, l’uso del pennello piatto, induce il maestro a concepire la tela come luogo di incontro o scontro: le superfici dipinte si caratterizzano per una sorta di cerniera, o meglio, di faglia centrale, a cui convergono opposte tensioni-direzioni.
La tela è il luogo degli accadimenti, è lo spazio delle pulsioni vitali che si trasformano, successivamente, in “Corridoi” di cielo, in ipotetiche vie fatte di vuoto cosmico e rese attraverso l’impalpabile scansione di fasce cromatiche, spesso oblique e ripetute.
Intorno al 2005 fanno il loro ingresso i “Codici”, tele innervate di trame colorate variamente combinate che, nelle innumerevoli elaborazioni successive, diventano tratto distintivo, intermittenza luminosa e fluttuante.
Arrivano persino a invadere la memoria, a costituire una sorta di codice genetico, di spirale o doppia elica che rimanda alle strutture del DNA.
Nel ciclo dei “Codici di famiglia”, fotografie in bianco e nero vanno a costituire lo sfondo intimo di un lessico privato, fatto di volti e di persone che affiorano da una storia personale, da un passato di presenze-assenze fantasmatiche.
Nell’ultima produzione di Silvio Gagno, la luce continua a sfaldarsi sotto gli intervalli regolari delle pennellate filamentose che inseguono effetti tridimensionali e insieme dinamici di grande respiro. Nel vasto universo espressivo del maestro trevigiano, confluiscono, da sempre, molteplici echi e suggestioni: l’impressionismo di Monet, il post-impressionismo di Seurat (quasi alle origini dei moderni pixel digitali), le scomposizioni futuriste di Boccioni e anche le più recenti vibrazioni di un Gerhard Richter.
Tutto all’insegna di una personalissima riflessione intorno alla materia-colore che nella sua perpetua frammentazione e parcellizzazione, altro non fa, che catturare e trattenere il mistero ineffabile della luce declinato nei mille volti di una natura straordinariamente appagante e fiera.
Lorena Gava