Elena Berriolo, artista italiana che vive lavora a New York, si distingue per il suo approccio interdisciplinare che attraverso l’uso della macchina da cucire, strumento centrale nella sua pratica artistica, esplora il concetto di tempo, inteso come un dialogo continuo, fluido, tra passato presente e futuro. Un dialogo che Berriolo indaga attraverso proprio l’atto di tessere, cucire, riparare dando vita a libri d’artista e performances. Se i suoi primi lavori - installazioni, sculture, dipinti, arazzi – erano opere di grande formato, dal 2011 ha fatto una scelta radicale: quella di dedicarsi quasi esclusivamente a una dimensione più intima, quella del libro. Ogni libro è un’opera unica che spesso ha origine proprio da performances, da azioni che sono denunce di situazioni di ingiustizia sociale, di degrado dell’ambiente, fino a quelle più politiche come We can mend for peace, una richiesta di pace che l’artista sta perpetrando dal 6 marzo 2022, inizialmente concepita come risposta all’invasione russa dell’Ucraina, poi anche per le altre crisi internazionali.
L’uso della macchina da cucire ha un’implicazione concettuale molto profonda, “… in grado di produrre - come sottolinea Berriolo - una vera e propria linea tridimensionale molto simile a quella realizzata da Fontana con il suo coltello senza ferire la superficie come faceva lui con il coltello, ma soprattutto, mentre il gesto profondo del coltello è un atto di violenza sulla pelle dell'opera, la macchina da cucire produce una linea pacifica”. Una linea che in un libro può essere spostata, crescere nello spazio e nel tempo, senza interruzioni, profonda quanto il supporto stesso senza minarne la stabilità, che ne abbraccia i due lati, passa dal verso al recto, dal davanti al dietro in ugual modo, dividendolo senza romperlo.
Sewn Word si focalizza sul percorso artistico intrapreso da Elena Berriolo proprio dal 2011 ad oggi. In mostra una selezione dei suoi libri, esposti su dei leggii come fossero partiture musicali, che il pubblico può sfogliare. Ogni pagina di ogni libro, conduce alla successiva, attraverso il filo. Su ognuna l’artista interviene con parole, testi, agisce con il colore, acquerelli, foglie, spine, intinte nell’inchiostro. Per Crumb Gallery ha inoltre creato ad hoc, uscendo, dopo molto tempo, dall’esclusività del formato ‘libro’, un’installazione a parete, composta da tre serie distinte di cinque elementi ciascuna: Parole Dette, Parole non Dette e Parole Scritte. Questi lavori esplorano la comunicazione verbale, come le parole, oltrepassando i limiti della pagina, si espandano in una dimensione più grande e complessa: “Le parole sono più grandi delle pagine” come recita il titolo del saggio di Barbara Montefalcone nel catalogo della mostra (edizioni NoLines, che comprende anche un’intervista all’artista di Rory Cappelli), una metafora per il modo in cui l’artista vede il linguaggio come forza che travalica i limiti fisici e materiali.