Un evento non concepito come una mostra ma come un progetto articolato, una grande installazione composta da una maxiproiezione video/sonora, una serie di disegni, opere digitali e lightboxes e un libro di immagini e testi poetici. L’esposizione per un periodo limitato vuole sottolinearne la caratteristica straordinaria, simile a un sogno, che non si può ripetere o prolungare. Da tempo l’artista riflette su un’arte più evanescente, meno aggressiva che richieda meno spazio fisico e più meditazione e che riproduca i meccanismi mentali e percettivi. Che possa essere proiettata, trasformando lo spazio, creando un breve momento magico per poi svanire. Il progetto è la distillazione di oltre due anni di lavoro. Dall'immagine di un angelo neoclassico di Capodimonte nell’artista il mondo della metafisica e del surrealismo è riaffiorato inconsciamente e in maniera junghiana, attraverso una sorta di automatismo visivo in cui convenivano spunti poetici, spezzoni di sogni, visioni ipnagogiche, ricordi e un immaginario retrofuturista, reperiti con una 'medianica' ricerca iconografica prima e poi con l’uso dell’AI. Il carattere onirico delle composizioni - e la scritta su un edificio della ‘città metafisica’ di Tresigallo - hanno suggerito il titolo generale e quelli delle singole opere. È stato come tornare alla primitiva purezza del simbolo che si rifletteva nella chiarezza di linee delle bellissime architetture razionaliste, che avevano ispirato ed erano state ispirate dalla pittura metafisica e dalla Neue Sachlichkeit. Una fuga dal delirante ingorgo semiologico e semantico di indicazioni, slogan, false piste, ossimori orwelliani, sfacciate aggressioni visive in cui siamo sommersi. Soprattutto in un momento in cui come scrive l’autore ‘il vecchio Titanic europeo, in piena decadenza, sembra essere sull’orlo del suo terzo e probabilmente definitivo suicidio nel giro di un secolo. Questa serie di lavori riflette infatti la dolcezza nostalgica di un futuro mai veramente compiuto e la struggente malinconia per il naufragio di un continente che sembra da sempre destinato a raggiungere vette vertiginose di bellezza e raffinatezza per poi divorare ciclicamente se stesso. Il tutto immerso in un’atmosfera di penombra e di infinite fughe prospettiche, dove i personaggi mitologici vestono lamè e frac viennesi, danzando valzer fra e con giganteschi centrotavola in porcellana mitteleuropea, Immagini riferite principalmente alla poesia parasurrealista di Yvan Goll e Paul Celan, fra i più grandi poeti dell’ultimo secolo. È stato sorprendente e affascinante vedere riemergere il Mito e le divinità classiche in maniera inattesa e inconfondibile, quasi che l’anima collettiva d’Europa si esprimesse una sorta di écriture automatique elettronica, a confermare la tesi hillmaniana secondo cui gli dèi si sono nascosti nelle pieghe del mondo moderno o come ben aveva compreso Gustav Jung parafrasando l’oracolo di Delfi: CHE LO SI INVOCHI O NO IL DIO È COMUNQUE PRESENTE.